Mi hanno ferita, umiliata… Ma non ancora spezzata.
Mi vorrebbero da sola, ma non lo sono e non lo sarò mai…
Vorrebbero farmi paura…. E fermarmi. Ma non mi conoscono.
Ho già vissuto il dolore più atroce. Nulla potrà essere più straziante del pensiero sempre vivo dell’immagine del povero corpo di mio fratello e della sua terribile fine.
Proprio per questo nessuno potrà fare in modo che io smetta di sperare che per la morte di Giuseppe, ci saranno prima o poi delle risposte.
Ne ho diritto. Lo ha detto anche il giudice.
Ed io credo nella giustizia. Anche se la giustizia, qui a Varese, sembra non esistere.
O almeno non per me.
Ma il mio, il nostro, percorso non si ferma davanti alle intimidazioni.
Il giudice aveva anche ordinato indagini su chi ha avuto in custodia Giuseppe, quella notte.
Ma ad essere indagata sono io. Così come lo sono pure coloro che hanno dato voce in un film al dramma di Giuseppe,
che si voleva mettere a tacere.
Perché evidentemente qui da noi è vietato chiedere giustizia.
Sono disperata. Ne ho dovute sopportare tante da parte del pm Abate, ed ora si va incontro alla prescrizione. E sinceramente non capisco perché nessuno intervenga.
Rivolgo un appello a tutti coloro che mi hanno sempre sostenuta e tutti gli altri che vogliono essermi vicini.
Di trovarsi, insieme a me e insieme a Patrizia, Ilaria e Domenica, il 16 aprile alle ore ore 9.00, davanti al tribunale di Varese.
Per dire ‘Basta! Giuseppe aspetta giustizia da 1756 giorni’
lucia uva